L’orchestra come esempio di vera inclusione
Lavoro da anni a scuola con i disturbi del neurosviluppo, in particolar modo con l’autismo e la disabilità intellettiva, eppure alla richiesta lusinghiera di scrivere un articolo sull’inclusione, ho a lungo riflettuto sul tema. Non è facile includere e, anche quando si da il massimo, sembra sempre di non aver fatto abbastanza, e ci si immedesima nel bambino, o nel ragazzo, mentre si cercano risposte. La domanda più importante, tra le tante, è se è stato persona come tutti gli altri. Quanto si è sentito incluso un ragazzo BES, ADHD, autistico, immigrato, uno studente ansioso durante la sua vita scolastica? Sentirsi inclusi vuol dire anzitutto beneficiare dell’equità educativa. Discutendo del tema con il mio amico e collega Antonio Gambardella abbiamo riflettuto su quanto a volte sembri utopico includere se si osservano alcune variabili che possono oscillare dagli imprevisti quotidiani che ostacolano la pianificazione e il dialogo tra gli insegnanti, alle differenze nettamente marcate tra gli studenti. Però abbiamo pensato in positivo al possibile dell’inclusività, e scelto un racconto reale tra quelli che avremmo voluto raccontare e la metafora dell’orchestra tra le varie risposte alla domanda: che cos’è nel pratico l’inclusione?
Ecco una scena scolastica presa dalla realtà: siamo alla scuola primaria, l’insegnante di francese imposta un’attività didattica: vuole insegnare ai suoi alunni i nomi degli animali. Invece di svolgere la lezione di francese oralmente lo fa tramite un video proiettato, dopodiché presenta alla classe un compito da svolgere per il quale tutti i bambini, uno alla volta, dovranno recarsi alla LIM. Il compito prevede che una sintesi vocale produca il nome in francese di un animale e che ciascun bambino debba cliccare tra tre immagini diverse di animali discriminando correttamente quella corrispondente al nome ascoltato. Ogni bambino ha cliccato su una risposta, c’è chi ha risposto bene e chi non lo ha fatto. Ad un certo punto ha chiamato anche Emanuele, che con il computer è “un mago”. Il bambino, come i suoi compagni, è andato alla LIM e ha cliccato su una risposta; ha sbagliato, come tanti altri, ed è andato a posto. Tutti i bambini avevano le stesse competenze di fronte alla lezione e al compito, e la docente ha scelto uno strumento fruibile per tutti, anche per Emanuele che è autistico.
Non è sempre così facile organizzare un’attività inclusiva, eppure, in questa situazione, la docente è riuscita, attraverso pochi strumenti didattici, a delinearla correttamente. In realtà, in una visione della scuola italiana più generalizzata, molti insegnanti affermano di non credere nelle capacità di risposta del sistema scolastico, nella sua attuale organizzazione, ai bisogni degli allievi con disabilità (Cottini, 2019, p. 381). Spesso effettivamente si riscontrano grandi barriere all’interno degli ambienti scolastici, sia fisiche che sociali. Però è bene dimostrare che l’inclusione è una possibilità, esponendovi, sull’esempio del nostro insegnante di francese, alcuni accorgimenti educativi e strumentali concreti e possibili. Per partecipare ad un’attività occorrono delle competenze che, prima di divenire tali, richiedono una preparazione se non la si possiede. Gli strumenti compensativi sono indispensabili, pensiamo ad esempio ai testi semplificati o alla possibilità di seguire la lezione sul testo digitale. Inoltre, per alcuni studenti è più semplice mantenere alta l’attenzione sul canale visivo piuttosto che su quello uditivo, ad esempio, ascoltare la lezione in cuffia oppure indossare cuffie antirumore in casi di ipersensorialità uditiva. Nel caso di ipersensorialità visiva a volte può essere necessario modificare le luci dell’ambiente, ed ecco subito un esempio di modificazione dell’ambiente. Per parafrasare Vygotskij (1986 ed. ita.), la dimensione di handicap non è intrinseca al soggetto ma è data dall’interazione tra lo stesso e l’ambiente circostante. Sono i limiti dell’ambiente sociale e strutturale che pongono il soggetto in una dimensione di deficit. Chiaramente non sono possibili tante modificazioni e non solo di tipo strutturale. Modificare l’ambiente per un bambino con alta sensibilità uditiva che comincia la scuola dell’infanzia potrebbe voler significare in termini letterali impedire a tutti gli altri bambini della classe di parlare con toni alti o semplicemente di parlare tutti insieme durante i giochi: vorrebbe dire non includere tutti gli altri. Allo stesso modo, è spesso molto complesso offrire gli stessi insegnamenti e l’uguale partecipazione alle stesse attività quando ci sono studenti con un età mentale molto inferiore rispetto al resto della classe e che seguono una programmazione differenziata. Nel primo caso è possibile, ad esempio, un inserimento graduale che può anche prevedere attività svolte in piccolo gruppo che man mano va ad ampliarsi a rotazione. Le attività possono essere svolte in parallelo, in cooperazione, e in tutoring. La risorsa dei pari è indispensabile sempre, anche per il secondo caso di cui parlavamo. L’alunno può ricevere insegnamenti individualizzati per raggiungere competenze che gli consentano partecipazione, apprendimenti ulteriori e la socializzazione, e in tal via strategie come il peer tutoring e il cooperative learning si presentano fondamentali, e per tutti gli attori (Cottini, 2019, p. 384). Due chiavi importanti sono da un lato l’interazione tra tutti i docenti, la collaborazione con i professionisti e il dialogo tra le famiglie, anche attraverso specifici programmi di parent training, e dall’altro il clima scolastico. Un ambiente accogliente dal punto di vista psicologico, nel quale ci sia il rispetto per ognuno e vengano privilegiate forme di collaborazione e di condivisione degli obiettivi, è alla base della motivazione all’apprendimento e determina risultati significativi. Anche l’educazione socioemozionale contribuisce a questa finalità (Cottini, 2019, p. 383).
Includere vuol dire permettere a tutti di partecipare a un’attività. Al conservatorio tutti seguono le lezioni e continuano ad esercitarsi al di fuori della lezione, chi più, chi meno, ognuno a proprio modo. Lo studio individuale dello studente del conservatorio permette allo stesso di imparare a suonare con gli altri. Essere inclusi vuol dire riuscire a fare insieme agli altri una stessa cosa: anche con strumenti diversi, partiture diverse, mezzi e metodologie diverse, i musicisti di un’orchestra suonano lo stesso componimento. La metafora dell’orchestra vuole segnare il significato utopico dell’inclusione per tutte le barriere umane e strutturali qui trattate e non trattate, quanto segnare una strada per la possibilità di includere davvero partendo dai significati prima che dalle strategie. Riprendendo nuovamente Vygotskij (2006, p.34) tuttavia non dobbiamo dimenticare anche che bisogna educare prima di tutto il bambino e non il cieco. Educare il bambino vuol significare guardarlo come tale e guardare alla sua non tipicità esclusivamente per identificare il suo piano educativo, le sue necessità e le più congeniali strategie educative. Guardare al bambino vuol dire lasciare il pietismo e la commiserazione, seppure siano carichi di affetto e dell’istinto alla protezione. Guardare a tutti i bambini vuol dire includere tutti ed educare trasversalmente all’incontro con la diversità in quanto senso dell’orchestra, con un approccio cooperativo e non competitivo come sostenuto dalla pedagogia di Don Milani e di Célestin Freinet.
L’inclusione è incontro, è accessibilità ai luoghi, ai diritti di cittadinanza, all’istruzione e alla socialità, e nella parola inclusione vi è il concetto di accoglienza, l’idea di una scuola come comunità che accoglie le differenze al suo interno e che fa di queste una risorsa per lo sviluppo di ciascuno e di tutti (Goussot, 2015, p. 308). Lo studente disabile o lo studente immigrato fanno parte della società e la scuola non è fuori dalla società, tanto da esserne una parte indispensabile (Goussot, 2015, p. 310). La scuola è una comunità educativa dove si scopre se stessi attraverso la relazione con gli altri, ognuno con le proprie caratteristiche (Goussot, 2015, p. 312).
Sabrina D'Antonio
(laureanda in Psicologia)
Bibliografia
Lucio Cottini, Diddattica speciale e inclusione scolastica, Roma: Carocci, 2019.
Alain Goussot, Pedagogia speciale come scienza delle mediazioni e delle differenze. Fano: Aras Edizioni, 2015.
Lev Vigotskji, Fondamenti di difettologia. Roma: Bulzoni, 1986.
Lev Vigotskji, Psicologia pedagogica. Trento: Erikson, 2006.
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